C’è chi ha avuto bisogno di una pandemia per “riscoprire il piacere delle piccole cose“,
per me invece son sempre state le più importanti. Non solo i gesti, le parole, ma anche i dettagli, quelli che ci circondano ogni giono e in ogni momento della nostra vita.
Noi abbiamo la fortuna di vivere a un passo da una delle città più belle del mondo, o almeno così dicono tutti quelli che vengono a visitarla da ogni parte del globo, passeggiando con il naso all’insù. Perchè a Firenze c’è sempre un capolavoro che sbuca da dietro un angolo, da sopra un tetto, dalla strada accanto, dalla piazza di fronte, dalla finestra del ristorante. A meno che non sia un’osteria, perchè quelle veraci vi mettono a mangiare di sotto, nella taverna, fra botti, bottiglie e bottigliette.
Eppure, per quanto il Duomo, il David, il campanile di Giotto, la Medusa, San Lorenzo, Ponte Vecchio, mi suscitino sempre una goduria all’occhio che porta gioia al cuore, mi piace altrettanto perdermi nei dettagli perchè sono quelli che trasformano un percorso conosciuto in qualcosa di sempre nuovo.
Una delle passeggiate che ultimamente si erano fatte più frequenti è quella che ci portava al Consolato Peruviano, trasferito da poco sul Lungarno Serristori e con vista diretta sul Palazzo della Signoria.
Si parcheggiava all’altezza di Ponte San Niccolò e si camminava per un po’ sul Lungarno Cellini, passando davanti alle simpatiche decorazioni di negozi e ristorantini fatte ad hoc per attirare i turisti ma anche lo sguardo del cittadino che abbia voglia di sorridere guardandosi un pò intorno e non solo dritto davanti a sè, lontano.
Una volta arrivati all’altezza della galleria Iguarnieri, con alcune delle sue opere esposte direttamente sulla strada, appese alla facciata esterna, si cominciava a deviare verso Torre San Niccolò, che qui ancora chiamiamo “Porta San Niccolò”, perchè di questo si tratta: l’unica porta fiorentina che mantiene ancora la sua struttura inalterata dalla metà del 1300, quando fu costruita.
Un turista a questo punto salirebbe le scale addossate alla pietra forte per godersi il meraviglioso panorama sulla città, noi invece ci passavamo in mezzo, camminando sotto l’affresco della Madonna col Bambino, per poi arrivare a destinazione percorrendo tutta la via di S. Niccolò.
E anche in questa strada “secondaria”, apparentemente priva di attrazioni, ci sono invece dettagli che mi attraggono. Non soltanto gli ormai famosi lavori di Blub della serie l’arte sa nuotare, appiccicati sugli sportelli di luce e gas per non vandalizzare le pareti,
ma anche alcune piccolezze dei negozietti di zona, siano essi un bar, un collettivo artistico
o un antico negozio di sedie e poltrone.
E poi nel tragitto si passa anche davanti al mitico Montecarla, un locale diventato icona della Firenze notturna, aperto fino alle 8 am, con gente di tutti i tipi e decorazioni gorgeous anni ’80, moquette leopardata sulle pareti e un coccodrillo di peluche appeso al soffitto.
Son passati almeno 20 anni da quando ci sono entrata l’ultima volta (pensare che una quindicina li ho passati all’estero è solo una misera scusa per non sentire l’età) , e lui/lei è ancora lì, sempre uguale mi dicono, immortale come l’arte che, in ogni forma, riempie e circonda Firenze.
Firenze…così vicina, così lontana.