MAIONESE, KETCHUP E LATTE DI SOIA – G. GUASTI
SINOSSI:
Noah è un dodicenne maltrattato in classe che, non appena arriva una nuova compagna, comincia a studiarla attentamente, convinto e speranzoso che possa diventare la sua unica amica. Anche Èlianor, infatti, è presa subito di mira dai compagni che la prendono in giro per il suo odore mentre lei, incurante, continua a scivolare via lungo i corridoi della scuola e a nascondersi dietro la sua frangetta nera. È taciturna e scontrosa anche con Noah, a cui costerà molto guadagnarsi la sua fiducia. Una volta apertosi un varco nel suo mondo, scopre che l’amica vive in una grande casa quasi vuota con il padre, che di professione fa il guru, ed è una vegetariana convinta.
Sia per la mancanza di tatto che per una trappola tesagli dal bullo della scuola, Noah perde improvvisamente quella fiducia che aveva conquistato con fatica e che potrà recuperare soltanto entrando davvero nel mondo di Èlianor, fino in fondo, riuscendo a salvarla dall’ultimo attacco del solito bullo grazie anche all’intervento del padre di lei.
LA MIA OPINIONE:
Ho comprato questo libro per caso, nel giorno in cui la mia libreria per bambini preferita chiudeva per sempre i battenti. Il titolo attirò la mia attenzione, la quarta di copertina mi incuriosì e lo portai a casa, convinta di aver preso un libricino per ragazzi che magari mi avrebbe aiutato con i miei alunni a scuola.
Il bullismo, ormai purtroppo comune in molte classi, sembra il tema principale di questo breve romanzo; la discriminazione del diverso, come Èlianor, o di chi è considerato più debole, come Noah. Anche loro due sono molti diversi e sembrano avere in comune soltanto il fatto di essere entrambi emarginati, ma durante lo svolgimento della storia si scoprirà che hanno anche altro in comune, tra cui la perdita di un genitore. Così come si può scoprire che l’opera d’esordio di Gaia Guasti (italiana trapiantata a Parigi, finalista al Premio Strega Ragazze e Ragazzi) è sì un libro per adolescenti, ma piacevolmente fruibile anche da un adulto. La scrittura semplice, fresca e scorrevole fa sì che lo si finisca in poche ore, durante le quali si può riflettere su diversi temi, oltre al suddetto.
Innanzitutto il valore dell’amicizia, che va ben oltre le apparenze ed i giudizi; i diversi stili di vita e i modi di crescere i figli, anche a partire dall’alimentazione (Noah è rimpinzato di merendine, bibite gassate e patate fritte, mentre Èlianor si prepara da sola latte di soia e pane nero); la definizione di un’identità propria, che può (e deve) essere mantenuta nonostante le differenze perché è sbagliato conformarsi a idee e pensieri degli altri solo per essere accettati.
Ma io ci ho trovato ancora qualcosa in più. Un richiamo alla psicogenealogia, il mio campo nell’ambito del coaching, che emerge “on passant” ma che permette di comprendere, a chi sa leggere fra le righe, quanto la relazione che noi genitori instauriamo con i nostri figli possa pesare anche nelle loro scelte amorose. Il passaggio interessato è questo:
“È bastato che mia madre tornasse a casa perché io cominciassi a capire. […] Con le mani piene di buste sull’orlo dell’esplosione, ha bussato alla porta con un gomito. Una busta si è rotta, la bottiglia dell’olio è rotolata sul pianerottolo ed è fatalmente esplosa sui gradini. […] È stato allora che ha alzato gli occhi verso di me. E mi ha guardato con lo sguardo di Èlianor. Con l’olio fino al gomito, il prosciutto gocciolante in una mano, una busta strappata nell’altra, rimaneva immobile. Abbattuta e rassegnata allo stesso tempo. Lì ho capito. Devo aiutare Èlianor. Perché se l’aiuto è un po’ come se aiutassi mia madre. […]”
LO CONSIGLIEREI?
Sì, soprattutto se avete figli, ma anche se avete semplicemente voglia di una lettura facile o di un libro piccolo, “da borsetta”, per leggerlo nelle sale d’attesa. Ricordare che prima di sceglierci razionalmente lo facciamo come animali, tramite l’olfatto e l’istinto, è sempre utile.
LA CITAZIONE:
“Mi dice che siamo simili, io e lei. Che a casa nostra si respira la stessa aria, che vediamo la stessa tristezza nei nostri genitori, che per quanto viviamo in un maniero o in una casa popolare, per quanto ci rimpinziamo di semi macrobiotici o di merendine, torniamo sempre allo stesso problema, alla stessa sensazione che qualcosa non quadra.”