Il compleanno a scuola è vietato

A. è una delle ragazzine che seguo a scuola.

Io la chiamo “la mia bambina“, tanto che spesso la gente pensa parli di mia figlia.. che ovviamente la conosce, perchè durante le vacanze estive andavamo a prenderla per portarla a giocare al parco o a mangiare il gelato. Ripeto: durante le vacanze estive, quando non lo facevo per lavoro, anzi non sapevo nemmeno se avrei continuato ad insegnare in quella scuola. Perchè per me A. e tutti i suoi compagni non sono il lavoro o uno strumentro di lavoro, sono ragazzi che hanno bisogno ognuno di qualcosa di speciale e personalizzato, sia un sostegno o un consiglio, un abbraccio o una tirata d’orecchie, alla fine è solo un po’ di attenzione, rispetto ed umanità quello di cui hanno bisogno. Quello di cui la nostra societá intera avrebbe bisogno.

La situazione personale e familiare di A. e’ complessa e alcune delle mete che ci siamo prefissati sono: insegnarle a stare nel gruppo; essere parte attività della società (scolastica e oltre); coinvolgere la famiglia nella sua crescita e realizzazione. Ecco perchè festeggiare il suo compleanno in classe ci sembrava doveroso e quando ha detto che avrebbe portato una torta a scuola, sinceramente non ci siamo preoccupati tanto del “con cosa sarà fatta” quanto piuttosto che la famiglia avrebbe potuto deluderla di nuovo e, come l’anno scorso, fare una promessa che poi non veniva mantenuta.
Invece quest’anno è stato tutto diverso: ad un certo punto la custode ci ha avvisato che la torta era arrivata davvero, e che torta! Un dolce degno di un matrimonio da 100 invitati!

La torta Hello Kitty arriva in classe

Le abbiamo messo la corona in testa, abbiamo spento le candeline, cantato Tanti Auguri in diverse lingue, ha scartato i regali che i compagni le avevano portato e poi finalmente ha tagliato la torta e ha cominciato a distribuirla fra i compagni. Ma ce n’era ancora, quindi l’ha offerta anche alle custodi, e a tutti i professori. Ma ce n’era ancora, quindi abbiamo pensato bene di offrirla anche alle segretarie e al preside. Ed ecco l’imperdonabile errore: presentarsi alla porta della presidenza con un piattino di torta in mano.
“Da dove dobbiamo ricominciare? Chi introduce gli alimenti a scuola?
Testuali parole di un “signore” che mentre io continuavo a ripetere “lo so ma…” ha concluso questo discorso sconclusionato voltandoci le spalle e al suo “E magnatevela, a torta!” ci ha chiuso la porta in faccia.

Happy People at school

Sono rimasta basita. A. mi ha guardato continuando a sostenere il suo piattino, mentre le segretarie hanno imitato il padre padrone, probabilmente terrorizzate da improbabili rappresaglie. Soltanto una collega che era lì per caso ha mostrato un po’ di umanità e mi ha detto: “Io non mangio dolci, ma la accetterò lo stesso.” Ha ringraziato e la ragazzina ha potuto finalmente donare il suo dono.
Ci ho messo quasi 3 giorni a sbollire la rabbia verso questa persona, verso un atteggiamento che davvero non ammette giustificazioni, soprattutto quando si parla tanto di appoggiare chi è in difficoltà. Noi il 5 novembre abbiamo vinto. Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo 7 mesi prima della meta. Questo è ciò che importa, e se non abbiamo rispettato una legge è perchè in certi casi

Le regole sono fatte per essere infrante.

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2 commenti

  1. Si parla tanto di inclusione scolastica, di Buona Scuola ecc. ecc. ecc. sono tutte balle che vogliono raccontarci. E’ vero le regole vanno rispettate ma a volte ci vorrebbe un po’ di buon senso e soprattutto UMANITA’.
    Difronte ad una situazione così bastava solo il gesto, Forse al dirigente non glia piaceva la torta ma bastava fare un sorriso accettare il piatto con la torta tra le mani e poi una volta chiusa la porta buttarla nel cestino.
    La fortuna di questa meravigliosa creatura è che ha incontrato te nella sua vita, te che non sei solo l’insegnante di sostegno ma sei l’amica, la mamma e che a modo tuo sei riuscita a far sbocciare quel piccolo fiore tutti credevano appassito.
    Un abbraccio guerriera.

    • Grazie! È esattamente quello che dico io: noi abbiamo fatto un gesto, lui poteva (doveva?) fare il suo. Poi la cazziata me la faceva in privato, ma nel mondo dell’apparire, purtroppo, la piazzata fa più scalpore del buonsenso.. Sig!

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