
E chi l’ha detto che le feste sono solo per i bambini?
Nessuno. E infatti quest’anno anch’io, per festeggiare i miei 37 anni, ho deciso di organizzare una festa, ma non solo: ho scelto una festa a tema!
“Party 70’s style“, dicevo a tutti gli invitati. “Non dimenticate i vostri travestimenti, mi raccomando!”
Poi, conoscendo i peruviani, dicevo fra me e me: “Sicuro nessuno mi prenderà sul serio… E allora ci penso io!”
Così, mentre girellavo nel mercatino dell’usato alla ricerca del giusto look per tutta la famiglia, comprai anche una sacchettata di occhiali di plastica (di quelli grandi e colorati stile Settanta) ed un paio di parrucche afro; qualche nastrino da mettere sulla fronte delle fanciulle e via, qualcuno almeno lo avrei sistemato!


La scelta del locale era praticamente obbligata: il mio “bar di fiducia” sulla terrazza di calle Ampatacocha in cui, per l’occasione, sarebbero scomparsi i succhi bio per lasciare spazio alla birra artigianale fatta da amici. Ma io non volevo solo chiacchiere da salotto… avevo un disperato bisogno di musica e di ballo, quindi presi in affitto anche la stanza adiacente del centro Ecosalud (dove si svolgono i corsi di Yoga e Qi Gong) e la trasformai in una disco: un paio di palle strobo che facevano luce al ritmo della musica; girasoli di plastica appesi al soffitto; tende indiane sulle pareti e poi naturalmente il pc attaccato alle casse ed un proiettore con i classici film dell’epoca. O almeno quelli che siamo riusciti a trovare, perchè al mercato nero dei film ci dissero:
“Ooh, ma questi son proprio vecchi…Belli eh, ma vecchi!”
Che certo, detto ad una che ha studiato cine muto lascia perplessa, ma se pensiamo che qui arrivano solo le ultime americanate… ci sta tutto.
La festa sarebbe iniziata verso le 6 (quindi le 7 minimo) con un falò in terrazza e la possibilità che i bambini scorrazzassero liberi fino a crollare, a quel punto li avremmo messi a letto e: via alle danze all night long!

Nella sala al chiuso avevo messo un piccolo tavolino con dei panini, qualche stuzzichino, patatine, biscotti e tutto il bere per grandi e piccini, con la regola che “ognuno si serve da solo“. Inutile: i soli che mi “credettero” furono i bambini, che andavano felici a mettere le mani sul tavolo, e l’unico italiano presente che si impossessò di un vassoio intero, una bottiglia di vodka e li piantò in mezzo al tavolo dove si era accomodato con i miei ex colleghi.
Anche aprire le danze fu cosa dura: nonostante la musica continuasse ad andare e le persone avessero voglia di ballare, nessuno osava pestare la pista se non c’ero io. Il mio amico Benjy continuava a dirmi di andare a prendere qualche ballerino, io arrivavo con qualcuno sotto braccio e tutti entravano nella sala, ma appena mi allontanavo per salutare un nuovo arrivato o perchè mia figlia mi chiamava, ecco che tutti si rimettevano a sedere fino a nuovo ordine.
Ah, inutile dire che le persone vestite a tema erano 6 sui circa 30 presenti…


Io comunque mi sono divertita parecchio e mi sono scatenata con la musica scelta appositamente in una notte di atroci dubbi tipo: “Posso barare ed inserire anche un pezzo di Janis Joplin, dai suoi album postumi?!” Ma in fondo perchè? Se tanto poi mio marito confonde i cd e all’improvviso comincia a suonare pura elettronica anni ’80…
Comunque la più soddisfatta della serata fu senz’altro Renata, la mia amica lituana che (dopo aver ballato a richiesta la sua “Hands up”, sempre senza mollare sua figlia), disse al marito:
“Finalmente mi divertirò: una festa all’europea, dove ognuno fa quel che gli pare!”


Quando ormai eravamo rimasti in meno di una decina, ci sedemmo sulle poltroncine in terrazza e continuammo a ridere di cazzate generali fino alle 3.30 quando qualcuno, probabilmente troppo ubriaco per rendersi conto della realtà, propose di andare in discoteca. Rifiuti e tentativi di riportarli in sè furono inutili: ci presentammo alle 4 di mattina a bussare a qualunque locale del centro che potesse farci entrare senza pagare l’ingresso. Al quinto tentativo ci ritrovammo in una discoteca da ragazzini in cui suonavano quell’agghiacciante reggaeton che a loro piace tanto, quasi alla chiusura. Un paio di danze e finalmente potemmo tornare verso casa, non prima però di aver “domato i tori”, importante statua piantata al centro di una delle avenidas principali della città.

Alla fine, siamo andati a letto all’alba. Erano anni che non vivevo la notte da ventenne ed ero emozionata, proprio come una bambina. Ma naturalmente mio marito tentò di smontare tutto il mio entusiasmo con l’ultima battuta prima di chiudere gli occhi: “Adesso ci vorrà una settimana, per riprenderci”.
Beh, io non solo mi son ripresa, ma voglio anche riprendermi questi momenti…
AMEN SORELLA!!
Complimenti per il tuo blog, lo trovo molto interessante!
Grazie! 😀