Ieri era Halloween.
Sinceramente, in questo giorno, piú che mostri e fantasmi, io festeggiavo il compleanno del mio amico Lapo… peró quando vivevo a NY era praticamente inevitabile non lasciarsi travolgere dal clima, fosse anche solo per tutto quello che vedevi per strada!
E allora un paio di volte ho vissuto anch’io “la notte delle streghe“: un anno mi sono vestita da luna e sono andata in giro per la cittá con gli amici, mentre un’altra volta mi sono lasciata convincere ed ho fatto qualcosa che non rifaró mai piú. Ho “giocato” a oui-ja. (Quell’oggettino che permette di comunicare con i defunti…)
Era l’epoca in cui vivevo con il Living Theatre e – letteralmente – ci vivevamo: nel sottoscala che era il nostro teatro, dormivano regolarmente (approssimativamente) 5/6 persone, sui materassi di scena (all’epoca avevamo in cartellone “The Brig“, di cui potete vedere un mio video qui) buttati in camerino, sul palco o incastrati nell’archivio.
L’archivio era la stanza che condividevo quando decidevo di fermarmi a dormire lí ma, in generale, era il rifugio per chi voleva fumare, meditare, fare sesso. E per chi decideva di fare stronzate come appunto la Wicca.
Era una notte speciale, la notte dell’incontro fra i due mondi, tutti pensavano soltanto ad ubriacarsi e divertirsi e il teatro sarebbe rimasto stranamente vuoto.
“Dobbiamo approfittare!” – Disse uno dei miei fedeli compagni dell’epoca. “Bravi. Have fun!” – Risposi semplicemente io.
“NO! Tu non puoi tirarti indietro. La nostra forza é l’unione, non sarebbe lo stesso senza di te.” – Ribatté l’altro.
Ed effettivamente noi 3 eravamo un caso, sempre insieme: come i 3 moschettieri; come il padre, il figlio e lo spirito santo; come le 3 Marie del panettone. Eravamo inseparabili.
Ci misero almeno un’ora per convincermi, poveretti. Peró alla fine vinsero loro: mi sedettero intorno al “tabellone di gioco”, rinchiusi in questa stanzina vari metri sotto l’asfalto di Clinton Street, senza finestre, senza uscita d’emergenza e senza nessuno che passasse di lí per caso.
Non so quanto duró tutta la storia, le conversazioni che i due ebbero con amici defunti e quella che cercavo di avere io con mio nonno. Invece mi si presentó qualcuno che non era mio nonno, che non conoscevo e che non sapevo assolutamente cosa volesse da me.
Quando tutto divenne insopportabile, smontammo le tende e mi chiesi se mi facesse piú paura restare a dormire in quello strano luogo o incamminarmi nel buio della notte per le strade di Manhattan.
Alla fine Cop decise di rimanere lí da solo, mentre io e Jup ce ne andammo nella mia casetta.
Fu “una notte buia e tempestosa“, direi citando Snoopy: sogni allucinanti che lasciarono segni ed informazioni che non fu difficile rimettere insieme, il giorno dopo, grazie all’aiuto di internet.
Quelle due persone che si erano “presentate” nell’archivio la notte precedente risultarono essere i proprietari della fabbrica di scarpe (o erano tessuti?!) che almeno 50 anni prima sorgeva in quello stesso punto di Downtown…e in cui morirono un centinaio di persone rimaste intrappolate durante un incendio che distrusse l’intero block. La maggior parte erano donne. La maggior parte di quelle donne erano italiane emigrate in cerca di fortuna.
Non so se mi scioccó piú la storia o il come ne ero venuta a conoscenza, ma so che preferisco vedere Halloween come una massa di bambini mascherati che ti allungano la loro zucca di plastica e chiedono:
“Trick or treat?”