Ho passato gli ultimi 4 giorni nel Festival “Coya Raymi“…
Coya Raymi è stato il “proseguimento” parte del precedente festival Chichasara: praticamente un gruppo di ventenni riuniti nel garage di casa per vendere i loro prodotti. C’era un pò di tutto: vestiti importati dai mitici States, creme di Victoria’s Secret, bigiotteria di plastica e poi oggetti fatti a mano; saponi naturali, bambole di stoffa, portafogli di cartone, spille e tutto quello che di solito si trova ai mercatini dei freak. Qualcosa di strano? No, per chi i mercatini dei freak li ha sempre visti, ma qui pareva proprio qualcosa di nuovo. Io, per esempio, sono stata attratta dall’incredibile pubblicità: evento unico, per la prima volta tutti i designer indipendenti della cittá riuniti nello stesso festival. Bisogna andare. Arrivo e mi ritrovo in questo stanzone in cui una decina di giovani gasatissimi, avevano messo in mostra tutte le loro cianfrusaglie.
All’inizio mi fece tenerezza, perchè mi ricordó di quando io e la mia amica del cuore avevamo aperto un banchetto nel suo garage per vendere i nostri giocattoli vecchi. Avevamo più o meno 10 anni e pensavo che questa fosse un’esperienza che (quasi) tutti avevano vissuto nella loro infanzia, ma mi rendo conto che forse non è così.
L’articolo che parla del festival (su una rivista di moda specializzata!) racconta che i due giovani organizzatori (22 anni, gente già laureata…) vedendo il successo di eventi simili a Lima, nella capitale, pensarono bene di portare l’idea anche qui, ad Arequipa. Un paesino… no signori, stiamo parlando di una città con quasi un milione di abitanti in cui, se davvero fino al 2014 nessuno aveva mai organizzato un mercatino, siamo proprio messi male! Ed effettivamente si, perchè se pensiamo che un evento del genere riesce a smuovere mezza città, significa proprio che per il resto del tempo, qui non c’è davvero un cazzo!
Comunque, “la cosa” ha un successo tale che due mesi dopo decidono di ripetere, ma stavolta in grande: nella scuola d’arte Bacaflor e con ancora più marche.
I ragazzi mi chiedono di partecipare con la lettura dei tarocchi ed io (naturalmente!) accetto. Il mio “stand” si trova nel mezzo fra le ceramiche di “cuerdolocolocacuerda” ed i vestiti usati di Claudia e Fernando che, per l’occasione, si chiamano “Tangerine Vintage”. Davanti a noi c’è una signora che vende paccottaglia cinese a 2,3 soles il pezzo e accanto a lei le bambole e le maschere fatte a mano da Severina e poi le idee regalo (pezzi unici ed originali) di un negozio che si chiama “RegalArte”.
Mentre faccio scorrere le ore, osservo come la gente si accalca sulla chincaglieria cinese e raramente degna di uno sguardo i prodotti di questi ragazzi, fatti a mano con passione, capacità, impegno, dedicandoci tempo e amore. Ma non era il festival del disegno indipendente?! Non capisco.
Alla fine di questo tour de force, mi son fatta un’opinione, ben diversa da quella di mio marito:
Io definisco gli organizzatori dei veri geni, perchè sono riusciti a vendere un’idea di marketing, spazi minuscoli per esporre prodotti di qualità variabile, trovare sponsors facendo un sacco di soldi e adesso si fanno chiamare “imprenditori“.
Lui, invece, continua a dire che quei ragazzi sono ridicoli. Hanno rubato un’idea vecchia come il mondo e, spacciandola come la grande novità del secolo, hanno messo in mezzo un sacco di persone.
Ora non so chi dei due abbia ragione, ma ormai mi é chiaro che questo posto é davvero l’ El Dorado:
Se sai giocare bene le tue carte, pur non avendo niente in mano, puoi essere il vincitore. E difficilmente qualcuno si accorgerá del bluff…
p.s. Lei, naturalmente, ha scelto il pezzo più "rock" del Festival: ci piace il suo pupazzo fatto a mano!!!